Di rimbalzo al post del mago, dove ho pure lasciato un commento, dico la mia sul mondo del lavoro degli informatici.
Ero un dipendente a tempo indeterminato e nella mia ultima società il tipo di lavoro non era più entusiasmante e i motivi che mi avevano fatto scegliere quella società piuttosto che altre erano decaduti da tempo.
Sono sempre stato un dipendente “anomalo” che studiava la sera nuove tecnologie e faceva dei test di “laboratorio” a casa, non trovavo “strano” spendere dei soldi per acquistare un mouse nuovo o della ram aggiuntiva per il portatile “aziendale” perchè sapevo che nei avrei beneficiato sul lavoro, ottenendo più tempo utile per fare altro incrementando così mio rendimento. (qualcuno mi ha definito così 😀 )
In pratica non ho mai detto la classica frase: ” ma chi me lo fa fare per ste’ due lire “
frase che sentivo e sento spesso…
Ho sempre faticato per me per migliorarmi al fine di rendere un servizio migliore per la mia azienda, infatti ho sempre considerato il lavoro di informatico un lavoro di concetto e di consulenza anche se ero un dipendente.
Capisco che molti dipendenti pretendano la formazione da parte dell’azienda per un a crescita professionale, ma qualcora questa non avvenga… perchè insistere su un muro di gomma?
La vera forza di questo lavoro è la curiosità, la voglia di sperimentare, la voglia di essere utili e la consapevolezza che il know-how che queste aziende sbandierano è fatto dalla somma delle conoscenze dei singoli che la formano, nulla di più , nulla di meno.
Se vi ritrovate in queste mie parole e siete ancora dei dipendenti, il mio consiglio è di mettervi in proprio (come ho fatto io) e non pensare alle difficoltà del precariato, con un’attitudine del genere, il lavoro in questo campo si trova.
Di queste cose anche perchè non faccio altro che sentire anche l’altra campana… le aziende… dire le stesse cose…
non trovano persone adatte, non nel senso che non trovino i “polli da spennare” con i contratti a progetto, ma che non trovino persone “valide”…
ossia persone che prendono il lavoro per quello che è … un impegno a far bene nel riespetto del committente che ti paga e c he si aspetta dei risultati da te…
ebbene mettersi nelle condizioni che rispecchiano al 100% le richieste del mercato è la soluzione ottimale per non rimanere mai senza lavoro…
fiutare il mercato, sondare le nuove tendenze e le nuove tecnologie (che occasionalmente generano tendenze 😀 ) in questo modo si è competitivi…
lavorare arroccati nella considerazione che si è “insostituibili” non è mai buono, tutti siamo sostituibili…
il datore di lavoro tende sempre a soppesare se il tempo di “integrazione” del nuovo sostituto giustifica lo stipendio più basso che gli concederà, tutto questo a discapito del dipendente da “riallocare”…
quindi il mio consiglio se vi ritrovate ancora di più in queste mie parole e di aprire una P.IVA e far fruttare la vostra intraprendenza…
lasciate perdere i contratti a progetto, i quali contengono al loro interno i difetti del contratti da dipendente più quelli del lavoro autonomo
e questo sempre e comunque IMHO
in bocca al lupo marco!
io quella strada l’ho battuta per sette anni e non è per nulla rose e fiori. la piccola realtà che ti si crea ti taglia fuori da realtà ben più redditizie e ti costringe all’angolo con piccoli progetti che hanno le scocciature di quelli grandi, ma non gli stessi guadagni.
ah già, preparati anche ad inenarrabili botte dell’inps anche se fatturi solo 1 euro l’hanno.
a me non è andata bene… ma a te auguro tantissima fortuna.
“l’hanno” ovviamente era “l’anno” !!!!
sto periodo c’ho grossi problemi con l’acca 🙁
io ho adottato un approccio diverso… lavoro sempre per gli stessi grossi progetti per le stesse grosse aziende che cercano le competenze che so di possedere e me le faccio pagare…
ho “tolto di mezzo” le aziende che ti assumono come dipendente per il quale sei una risorsa da spedire presso clienti che quando le cose vanno male ti danni un calcio al culo…
se devo rischiare a questo i punto rischio da solo e se le cose vanno bene i benefici me li pappo tutti io senza “caporali”
il problema a cui mi riferivo non era nel tuo approccio ma in quello della grosse aziende, che (giustamente) spesso richiedono garanzie ed un minimo di struttura (segretaria, ufficio, contratti e preventivi).
ovvio che se riesci “a piacergli” a prescindere è diverso… ma è dura, qualcuno lo convinci… ma non sempre.
troppo articolata la mia risposta:
http://www.martek.it/dblog/articolo.asp?articolo=111
se hai voglia di leggerla!
mi sento anche io di dare un piccolo contributo alla causa. i miei inizi, nel 94 sono stati a partita iva, per più di un anno e mezzo.
all’epoca mi davano giusti giusti i soldi per la benzina, la pappa di mezzo di. davano per scontato che vivessi da mamma per cui altro non c’era. facevo la vita da dipendente per cui ad un certo punto decisi di smettere. scelte, molte volte penso che continuando avrei potuto fare chissa che. poi andando via da casa non c’erano più molte risorse da dedicare all’ultima versione dell’hardware e del software disponibile e dovendo lavatriciare, stirare ecc si studiava un pò meno l’ultima novità. oggi trovo molto difficile che diano la possibilità ad un ragazzo appena laureato di fare il freelance in maniera seria, eccoti i requisiti fammi il progetto come e dove vuoi. oggi come allora, ti dicono sei imprenditore di te stesso…si inizia alle 8.30 e si esce alle 17.30. poi ci sono delle moche bianche come il nostro acor3 che ha dalla sua un’esperi